Dopo alcuni anni di studio, periodo in cui è stato ospite della Comunità della Casa provinciale, P. Agostino è rientrato in Corea, dove attende la sua destinazione per la missione. Ha voluto rilasciarci una testimonianza, che riportiamo integralmente, anche nell’italiano non preciso. Grazie a P. Agostino anche la nostra vita è stata arricchita di fraternità e di amicizia.

4 anni fa, quando sono arrivato all’aeroporto di Roma, non mi sentivo bene. Perché non mi piaceva molto l’idea di dover studiare di nuovo a Roma. Anche se io ho scelto la vita dei missionari che devono vivere nella cultura diversa di altro paese e con gli altri che hanno diverso modo di pensare, in quel momento avevo grandi preoccupazioni e paura su ciò che avrei dovuto vivere a Roma con gli stranieri e che avrei dovuto studiare in un’altra lingua.

La realtà era più crudele. Infatti, ho vissuto qui a Roma come un sordomuto che non riesce a parlare né a udire. Per la difficoltà della lingua, memorizzavo spesso le parole che non capivo per poter dare gli esami. Provavo vergogna nel dire che non avevo capito davanti a qualcuno che mi stava chiedendo qualcosa in italiano, ripetevo tante volte soltanto “Sì. Sì. Sì” senza capire. A volte nei ristoranti e nei negozi ho incontrato le persone che ridevano di me e mi ignoravano a motivo del mio povero italiana. Anche a volte ho ascoltato parole razziste senza motivo. Davvero ho odiato la vita qui a Roma. Volevo tornare in Corea.

Però nel momento in cui ho finito tutto non mi sentivo felice. Anche se il fatto di aver finito tutto indicava che io posso tornare in Corea e lasciare Roma, non ero contento. Ero molto triste. Perché dovevo lasciare Roma. Ciò vuol dire che dovevo lasciare la mia casa, via della luce 46, anche quella che era diventata la mia famiglia. È vero che tutti i fratelli concezionisti di via della luce erano la mia famiglia di Roma. Ogni volta che ero molto stressato a causa della lingua e dello studio, i fratelli mi hanno dato grande aiuto con le braccia aperte, con l’amore fraterno e della famiglia. Davvero che l’affetto familiare che i fratelli mi hanno dato con un sorriso luminoso è stato per me la massima forza che mi ha permesso di andare avanti e alzarmi di nuovo in ogni momento della mia perdita. È vero che i fratelli e la casa di via della luce erano la luce della mia vita a Roma.

Ringrazio tutti i fratelli concezionisti di via della luce 46, in particolare, p. Giuseppe e p. Michele. Se non ci fossero stati loro, non avrei potuto finire il mio studio e la mia vita a Roma non sarebbe stata così felice. Non potrei dimenticare l’amore che ho ricevuto da tutti i fratelli concezionisti e anche dalle signore Rita e Anna. Ringrazio tutti voi e vi voglio bene. Mi mancherete.

Per ultimo vorrei dire un’altra cosa. È che la pasta alla carbonara è l’amore per me, anzi per tutti noi!

Agostino Won
Korean Mission Society